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provolone
07.05.2023 - 16:57
CREMONA Dopo vent’anni al servizio del Consorzio di Tutela del Provolone Valpadana, che ha visto sostanzialmente nascere e crescere sotto questa veste, Giovanni Guarneri è stato eletto nuovo presidente dell’istituzione. E, sul futuro, ha le idee chiare.
Presidente, oggi lei si trova alla guida di una delle Dop italiane più importanti. Ma quanto contano davvero le Dop nel nostro mercato?
«Oggi hanno un’economia, diretta e collegata, che pesa il 20% del settore agroalimentare nazionale. Nel comparto lattiero caseario andiamo oltre. Ancor più esplicativa è la sua crescita che, negli ultimi dieci anni, si assesta intorno al 16%. Ma il fattore certamente più importante, a fianco del peso economico rilevante, è la ricaduta sul territorio. Le Dop hanno appunto la specifica caratteristica di redistribuire il valore nel territorio in cui vengono prodotte. Un tesoro che resta legato alle sue origini e genera sviluppo»
Un elemento fondamentale che deve essere tutelato, dunque. Ma come, in concreto?
«Come fa il Provolone Valpadana da sempre, seguendo le sue tre mission: vigilanza, tutela e promozione. La vigilanza garantisce al consumatore che il prodotto acquistato corrisponda ad alti standard e, al contempo, crea grande valore per le aziende produttrici perché le affianca certificando una solida base per la diffusione e promozione del marchio. Sulla tutela, poi, la sfida è quella di contrastare quelle denominazioni geografiche tipiche che a livello internazionale vengono utilizzate in maniera impropria. Il Parlamento Europeo, in questo senso, sta lavorando al meglio per migliorare l’efficienza dei nostri consorzi e potenziarne le possibilità».
Vi aspetterete quindi molto, sempre da questo punto di vista, anche dal nuovo ministero che si fregia proprio del titolo di ‘Made in Italy’: qual è la prima richiesta?
«Per noi le relazioni col ministero della Sovranità alimentare e del Made in Italy sono di grande importanza. Quello che chiediamo oggi, con massima priorità, all’amministrazione pubblica è di premere affinché la Comunità europea stringa accordi bilaterali che permettano di estendere i nostri standard di tutela anche nei confronti di Paesi Terzi. Penso agli Stati Uniti, al Canada, all’Australia, al ‘Far East’ e al Medio Oriente».
Questo anche perché il Dop è il nostro principale motore dell’export. Lo resterà? E con quale piano?
«L’export, per le Dop, consiste in non meno del 20% del mercato. Chi ci apprezza maggiormente sono Spagna, Francia, Belgio, Germania, Polonia, Stati Uniti e Australia. Il nostro consorzio è consolidato su questo fronte e continuerà col suo progetto. In Oceania, per esempio, puntiamo molto su un’attività specifica attraverso canali di divulgazione e informazione, mentre sul mercato europeo, più direttamente collegato al consumo, investiamo maggiormente su percorsi di degustazione, siano essi nei punti vendita, nei negozi o nella ristorazione. Il nostro passato è solido, il futuro parte da qui».