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Il Po e la rinaturazione
03.09.2023 - 18:19
CREMONA Fiume Po e rinaturazione: un matrimonio che non piace proprio a nessuno. Nello specifico, le regole ‘calate’ dall’alto dall’Europa lasciano esterrefatto il presidente dell’Associazione Pioppicoltori Italiani, Fabio Boccalari: «Il progetto in essere, secondo le nostre prime stime, comporterà una iniziale perdita compresa fra i sei e gli ottomila ettari di pioppeto e, stando alle premesse del progetto, potranno solo aumentare. Siamo rammaricati – commenta il vertice nazionale di Confagricoltura per il settore – per non essere mai stati interpellati quali attori principali della gestione delle aree rivierasche del Po e dei suoi affluenti».
L’analisi pessimistica non è pregiudiziale ma, anzi, affonda le sue radici in una storia quasi secolare: «Tante famiglie, da generazioni, vivono sul Po e ne conoscono le caratteristiche e il comportamento – racconta infatti Boccalari —. Dalla piena devastante del 1951 in poi, tutte le opere sul Po sono state rivolte a favorire il deflusso e ad evitare il pericolo delle esondazioni: questo principio viene ora capovolto insieme alle regole di gestione del fiume e delle sue terre».
Ancora una volta, è mancato il dialogo. E, ancora una volta, non si è chiesto il parere di chi ‘vive’ il Po: «La modifica dei pennelli, con il loro abbassamento, farà attivare zone che da decenni sono coltivate, andando ad erodere e a modificare lo stato di fatto con sicuri danni e problemi di eventuali trasporti a valle di materiale, sia legnoso che di terre. Nel progetto si dice chiaramente che le esperienze precedenti di modellazione idraulica, per quanto accurate, non possono prevedere l’effettivo sviluppo delle piene del Po e si auspica che il fiume possa muoversi quanto più liberamente. Tutto questo ci preoccupa fortemente per i rischi derivanti dalla mancata gestione delle golene del Po e dei suoi affluenti, che da secoli – puntualizza l’esponente di Confagricoltura – risultano antropizzati. Del resto, l’uomo ha sempre cercato un rapporto rispettoso e in equilibrio con il fiume».
Cosa fare, allora? La proposta: «Contestiamo fortemente le modalità e le tempistiche di attuazione del progetto e chiediamo un’interlocuzione seria, che tenga conto delle attività economiche che vivono integrate con il territorio e che da sempre sono state l’unico presidio a difesa del fiume».
Ma c’è anche l’analisi: «L’obiettivo del progetto è la completa sostituzione della pioppicoltura con la creazione di nuovi boschi e la presa in gestione diretta delle aree da parte dell’amministrazione pubblica, detta ‘campagna di demanializzazione delle aree’ con lo sfratto di tutte le aziende agricole che quotidianamente coltivano e manutenzionano quelle aree. Viene pertanto garantita nella progettualità proposta l’assenza di una componente forestale legata alla produzione economica di materiale legnoso necessario per alimentare l’industria della filiera legno italiana: non viene infatti presa in considerazione nemmeno una gestione delle aree con impianti policiclici permanenti o impianti di arboricoltura a ciclo lungo con pioppo ibrido. D’altronde, la visione miope dei progettisti – afferma il presidente di settore – poggia su un concetto di pioppicoltura anacronistico, basato su una filosofia ambientalista radicale che non ha alcun fondamento scientifico. Si presume anche che non ci sia una conoscenza diretta delle problematiche connesse alla gestione delle aree golenali del Po».
Eppure una strada per ‘fare le cose per bene’ ci sarebbe, secondo Boccalari: «Sarebbe auspicabile la valutazione degli interventi di forestazione naturaliforme, i boschi policiclici e la pioppicoltura sostenibile certificata ‘Pefc’ che diversi consorzi forestali riconosciuti da Regione Lombardia e le loro aziende associate, realizzano da decenni nelle aree golenali del fiume Po».
Secondo il mondo della pioppicoltura il progetto — giusto per restare in tema — fa acqua da tutte le parti. Il danno sarebbe quindi non solo strettamente legato al mondo agricolo, ma più in generale alla vita di chi ‘abita’ il Po: «La realizzazione della viabilità mediante la formazione di una massicciata in ghiaia mista e stabilizzato con scotico e compattazione comporta la modifica permanente dello stato dei luoghi. Si consideri per esempio che per l’intervento ventisette è prevista nuova viabilità per circa 1000 metri e per l’intervento trentadue altri 2400 metri. Sono inoltre previsti – andando nel tecnico – piazzali di cantiere per logistica. Per esempio 36.600 metri quadrati di piazzale realizzato mediante la formazione di una massicciata in ghiaia mista di 25 centimetri di spessore e stabilizzato da 10 centimetri di spessore. E non si hanno informazioni sulla destinazione dello scotico. Tanto meno sul destino dei piazzali una volta conclusi i cantieri. Sono errate anche le considerazioni idrauliche. Insomma, un disastro».
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