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Fiere Zootecniche
28.11.2025 - 15:05
CREMONA – Alle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona non ci sono solo robot di mungitura, sensori e tecnologie digitali. In uno degli spazi più visitati dai curiosi di tutte le età, una fila di trattori d’epoca ricorda da dove arriviamo: macchine nate nel dopoguerra, robuste, essenziali, capaci di cambiare il lavoro nei campi e, con lui, la vita di intere famiglie contadine.
Dietro quelle lamiere colorate non c’è solo meccanica: ci sono memorie, sacrifici, ingegno e un pezzo di storia rurale del Paese. I modelli in mostra provengono da vari Paesi e raccontano diverse stagioni dell’agricoltura: i tedeschi Porsche, gli inglesi Nuffield, gli italiani Fiat, Lamborghini e Landini, fino ai trattori prodotti nel territorio cremonese come l’OG della Ocrim. Una collezione che è, di fatto, un piccolo museo diffuso dentro la fiera.
Accanto ai grandi marchi, c’è un capitolo meno noto e molto affascinante: quello dei trattori assemblati nel dopoguerra partendo dai residuati bellici. Sono i cosiddetti modelli “carioca”, frutto della creatività e della necessità.
Come spiega Ettore Parma, consigliere del Cavec – il Club Amatori Veicoli d’Epoca Cremona – in quegli anni non tutti potevano permettersi un trattore nuovo di fabbrica. Così piccole officine e realtà artigiane recuperavano ciò che la guerra aveva lasciato dietro di sé: motori di jeep militari, cambi, assali. Da quei pezzi, con pazienza e intuito, nascevano macchine agricole funzionanti, più economiche e alla portata delle aziende agricole che stavano cercando di rialzarsi.
Quei trattori non erano solo strumenti di lavoro: erano il simbolo di una ruralità che non si arrendeva, capace di trasformare un motore nato per il fronte in un alleato per l’aratura, la semina, il traino. Una storia dentro la storia, che oggi alle Fiere Zootecniche torna a vivere davanti agli occhi di chi, magari, quei tempi li ha solo sentiti raccontare dai nonni.
Tra i protagonisti della mostra c’è anche Paolo Bruneri, classe 1948, collezionista e restauratore di trattori d’epoca. Molti dei mezzi esposti in questi giorni portano la sua firma e la sua cura.
La sua vita è, in fondo, una linea continua tra tre mondi diversi:
da bambino, ricorda i campi lavorati ancora con cavalli e buoi;
da ragazzo, l’arrivo dei primi trattori in cascina, che cambiavano il ritmo del lavoro e il modo di coltivare;
da adulto, la generazione dei figli che oggi usa trattori moderni, tecnologici, cabina climatizzata, guida più confortevole, elettronica a bordo.
Per Bruneri, i trattori d’epoca non sono solo pezzi di ferro da collezione: sono compagni di vita. Li compra, li sistema, li restaura, li riporta in moto. Ogni modello è legato a un ricordo, a un campo, a una stagione. È come se, in quelle lamiere, fossero rimasti impressi il sudore di chi li ha guidati e il rumore delle giornate di lavoro.
Questi trattori, sottolineano i volontari e gli appassionati del Cavec, hanno custodito decenni di fatica e di trasformazioni. Alcuni modelli, all’epoca, costavano cifre molto elevate per una realtà agricola. Eppure proprio quell’investimento ha permesso a tante aziende di fare un salto in avanti: più potenza, più velocità, più capacità di lavorare ettari che prima richiedevano giorni interi di lavoro animale.
Sono macchine che hanno accompagnato la transizione dalla campagna del dopo guerra all’agricoltura moderna: meno braccia nei campi, più meccanizzazione, nuove colture, nuovi mercati. Ogni trattore racconta un passaggio: dalla trazione animale al motore, dalla piccola azienda familiare alle prime strutture più organizzate, dal lavoro esclusivamente manuale a un’agricoltura in cui tecnica e meccanica diventano parte integrante del mestiere.
In un contesto come quello delle Fiere Zootecniche Internazionali, dove si parla di agricoltura di precisione, digitale, biogas e sostenibilità, la presenza dei trattori d’epoca non è solo nostalgica. È un promemoria: senza quella stagione di passi avanti, creatività e sacrifici, oggi non ci sarebbe la zootecnia evoluta che conosciamo.
I visitatori si fermano, guardano, fotografano. I più anziani riconoscono modelli guidati in gioventù; i più giovani scoprono per la prima volta come fosse salire su un trattore senza cabina, senza elettronica, con il rumore pieno del motore e l’odore di gasolio che si mescolava alla terra lavorata.
È qui che le Fiere Zootecniche mostrano forse il loro volto più completo: da una parte il futuro, fatto di innovazione, dati, sensori e nuove filiere; dall’altra la memoria di ciò che siamo stati, impressa sulle ruote alte, sulle leve metalliche e sui volanti grandi dei trattori d’epoca.
Un dialogo silenzioso tra generazioni che, a Cremona, continua a passare – come sempre – attraverso il lavoro nei campi.
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