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Latte che verrà
29.11.2025 - 16:49
CREMONA – Il latte resta al centro del confronto tra allevatori, industria e governo. Alle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona, durante il convegno «Il latte che verrà: scenari di mercato e strategie per la competitività degli allevamenti italiani», il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha legato la posizione dell’organizzazione ai numeri appena diffusi dal Rapporto Ismea-Qualivita 2025: filiere lattiero-casearie in crescita, formaggi Dop in forte espansione, export in aumento.
Giansanti ha ricordato come il nuovo Rapporto sulla Dop economy evidenzi il ruolo centrale dei formaggi a indicazione geografica nel sistema agroalimentare italiano, con il comparto dei lattiero-caseari certificati in aumento e in grado di trainare il valore complessivo delle produzioni a denominazione.
Da qui la linea per il Tavolo Latte convocato al Masaf per il 2 dicembre dal ministro Francesco Lollobrigida: Confagricoltura, ha spiegato Giansanti, non ritiene ci siano le condizioni per accettare una riduzione del prezzo riconosciuto in Italia ai produttori, alla luce della specificità del modello fondato su latte destinato a formaggi Dop, non paragonabile alle produzioni di latte in polvere e formaggi generici del Nord Europa.
Il Rapporto Ismea-Qualivita 2025, presentato a Roma il 26 novembre, fotografa una Dop economy che supera i 20 miliardi di euro di valore alla produzione, con un export oltre i 12 miliardi. A trainare la crescita sono soprattutto i formaggi Dop e Igp, che registrano un incremento a doppia cifra e si confermano uno dei motori principali del comparto cibo a indicazione geografica.
In questo quadro, i formaggi italiani certificati raggiungono volumi di produzione e valori economici ai massimi dell’ultimo quinquennio, rafforzando il peso delle filiere lattiero-casearie di qualità all’interno dell’economia agroalimentare nazionale.
Per Giansanti, questi dati dimostrano come il latte destinato alle filiere Dop e Igp sia «spina dorsale del sistema agroalimentare», e come eventuali riduzioni del prezzo alla stalla avrebbero ripercussioni non solo sulle aziende zootecniche, ma anche sulle produzioni a denominazione e sulle aree rurali che da esse dipendono.
Il confronto sul latte arriva in un momento di forte volatilità dei prezzi. Secondo le elaborazioni Ismea, nel primo semestre 2025 il latte alla stalla ha toccato valori medi di circa 59,2 euro/100 litri, con un aumento intorno al 16% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Negli ultimi mesi, però, le rilevazioni sui prezzi spot mostrano un calo superiore al 30% rispetto a un anno fa, con valori scesi sotto la soglia dei 50 euro/100 litri, alimentando le pressioni per un ribasso dei corrispettivi riconosciuti agli allevatori nei contratti di fornitura.
Questo scenario sta generando preoccupazione non solo in Pianura Padana, ma anche in altre regioni, dove organizzazioni agricole e rappresentanti istituzionali hanno già segnalato i rischi di ulteriori riduzioni dei prezzi di ritiro per la tenuta economica delle aziende da latte.
In questo contesto, la posizione espressa da Giansanti alle Fiere Zootecniche di Cremona è netta:
no a tagli al prezzo del latte in Italia nelle condizioni attuali di mercato;
disponibilità a cercare una soluzione condivisa con industria e governo, nell’ottica del «buon padre di famiglia»;
ma anche la prospettiva, qualora non si trovasse un equilibrio, di arrivare a interrompere il confronto al Tavolo.
Il presidente di Confagricoltura ha richiamato il legame tra filiera del latte e colture foraggere come mais e cereali zootecnici: senza una remunerazione adeguata del latte, ha spiegato, verrebbe messo in discussione l’intero sistema produttivo che alimenta gli allevamenti intensivi e le filiere Dop.
Sul piano europeo, Giansanti ha ricordato che il modello italiano – fortemente orientato ai formaggi a denominazione – non è sovrapponibile a quello dei Paesi del Nord, dove una quota rilevante del latte è destinata a polveri e prodotti standardizzati, e ha annunciato che, in caso di posizioni non favorevoli sul prezzo anche a livello Ue, non si esclude il ricorso a nuove forme di mobilitazione del settore.
Il Tavolo Latte del 2 dicembre si presenta quindi come un passaggio chiave per gli allevatori da latte italiani, chiamati a confrontarsi con una fase in cui:
i dati macroeconomici della Dop economy e dell’export lattiero-caseario sono positivi;
ma sul fronte aziendale pesano costi di produzione elevati, calo dei prezzi spot e timori per una riduzione dei margini.
Il confronto tra governo, industria e organizzazioni agricole dovrà provare a tenere insieme questi elementi, nella ricerca di un equilibrio che consenta di salvaguardare la tenuta economica delle stalle e, allo stesso tempo, la competitività di una filiera che ha nei formaggi Dop uno dei simboli più riconosciuti del made in Italy agroalimentare.
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