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Europa e agricoltura

Verso Bruxelles: che cosa c’è davvero in gioco con la nuova PAC

Il 18 dicembre migliaia di agricoltori europei manifesteranno a Bruxelles. Al centro la proposta di riforma della politica agricola comune: meno risorse, più incertezza e il rischio di una rinazionalizzazione delle scelte

Verso Bruxelles: che cosa c’è davvero in gioco con la nuova PAC

Il 18 dicembre Bruxelles non sarà soltanto il centro della politica europea, ma anche il punto di arrivo della prima grande protesta paneuropea degli agricoltori. In concomitanza con il Consiglio europeo di fine anno, migliaia di imprenditori agricoli, allevatori e rappresentanti delle organizzazioni di categoria raggiungeranno il quartiere delle istituzioni comunitarie per chiedere una cosa semplice: che l’agricoltura resti una priorità strategica dell’Unione Europea.

Al centro della mobilitazione c’è la discussione sul nuovo quadro finanziario pluriennale e, con esso, sul futuro della Politica agricola comune (PAC) dopo il 2027. Le bozze allo studio a Bruxelles prevedono una riduzione del budget destinato all’agricoltura e una revisione profonda degli strumenti di sostegno. Una prospettiva che preoccupa l’intero settore, in particolare i Paesi – come l’Italia – dove il ruolo dell’agroalimentare è fondamentale per l’economia, l’occupazione e la tenuta dei territori rurali.

Che cos’è la PAC e perché se ne parla ora

La PAC è la principale politica comune dell’Unione Europea: nasce per garantire approvvigionamenti alimentari sicuri, sostenere il reddito degli agricoltori e favorire lo sviluppo delle aree rurali. Nel corso dei decenni si è evoluta, introducendo criteri ambientali sempre più stringenti, misure per il benessere animale, il sostegno alle zone svantaggiate e strumenti per la gestione del rischio.

Ogni sette anni, con il bilancio pluriennale dell’UE, si ridiscutono le risorse e le regole della PAC. È esattamente il passaggio che l’Europa sta vivendo in questi mesi: da qui nasce la preoccupazione del mondo agricolo, perché le prime ipotesi sul tavolo indicano un taglio significativo dei fondi destinati al settore primario e un cambiamento di impostazione che potrebbe indebolire la dimensione “comune” della politica agricola.

Il nodo delle risorse: meno fondi, più rischi per le imprese

Negli ultimi anni le aziende agricole hanno affrontato contemporaneamente l’aumento dei costi di produzione (energia, fertilizzanti, mangimi, manodopera), l’impatto dei cambiamenti climatici e la richiesta di investire in innovazione e sostenibilità. In questo contesto, i pagamenti diretti e le misure di sviluppo rurale hanno rappresentato un sostegno decisivo per mantenere in equilibrio i bilanci aziendali e per programmare investimenti di medio-lungo periodo.

L’ipotesi di ridurre il budget agricolo europeo non viene letta soltanto come un problema contabile, ma come un segnale politico: meno risorse significherebbe meno strumenti per accompagnare le imprese nella transizione ecologica, meno possibilità di gestire la volatilità dei mercati, meno margine per favorire il ricambio generazionale. In altre parole, una maggiore fragilità di tutto il sistema agroalimentare europeo.

Dal livello europeo alle capitali: il rischio di una PAC “nazionale”

Un altro motivo di forte preoccupazione riguarda la possibile rinazionalizzazione della PAC. Nello schema in discussione, una parte crescente delle decisioni e delle risorse verrebbe spostata dagli organismi comunitari ai singoli Stati membri.

Questo approccio, secondo le organizzazioni agricole, rischia di creare una “Europa a più velocità” anche nei campi: i Paesi con maggiori possibilità di spesa nazionale potrebbero sostenere in modo più robusto i propri agricoltori, mentre altri avrebbero margini più limitati. Il risultato sarebbe un aumento della concorrenza interna al mercato unico, con regole e livelli di sostegno differenziati, e la perdita di uno dei principi cardine della PAC: garantire condizioni il più possibile omogenee per chi produce cibo all’interno dell’Unione.

Perché la discussione sulla PAC riguarda anche i cittadini

La manifestazione di Bruxelles non è soltanto una mobilitazione “di categoria”. La partita che si gioca sul futuro della PAC tocca direttamente consumatori e territori.

Meno risorse e più incertezza per le aziende agricole possono tradursi, nel medio periodo, in una riduzione della capacità produttiva europea, in una maggiore dipendenza dalle importazioni extra UE e in una minore stabilità dei prezzi lungo la filiera. Allo stesso tempo, l’indebolimento dell’agricoltura significherebbe un minor presidio del territorio rurale, con ricadute sulla gestione del paesaggio, sulla prevenzione del dissesto idrogeologico e sulla vitalità dei piccoli comuni.

Per questo, nella giornata del 18 dicembre, al centro delle richieste che arriveranno a Bruxelles non ci saranno soltanto i numeri del bilancio agricolo, ma una domanda più ampia: quale ruolo l’Europa intende assegnare all’agricoltura nel prossimo decennio?

Il ruolo di Confagricoltura e di Libera nel percorso verso Bruxelles

Confagricoltura, attraverso la sua presenza a Bruxelles e la guida del Copa da parte del presidente Massimiliano Giansanti, è tra i protagonisti del confronto con le istituzioni europee sul futuro della PAC. La partecipazione alla protesta del 18 dicembre vuole essere un segnale forte e, al tempo stesso, un richiamo al dialogo: la richiesta è quella di rivedere l’impostazione della riforma, mantenendo l’agricoltura al centro del progetto europeo.

Libera Associazione Agricoltori Cremonesi seguirà da vicino questo percorso, dando voce alle aziende del territorio e raccontando, tappa dopo tappa, perché la discussione che si svolge nelle stanze di Bruxelles riguarda anche le stalle, i campi e le imprese della nostra provincia.

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