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Terra e futuro

I nuovi mestieri della terra: dai dati all’energia, così i giovani stanno cambiando l’agricoltura

Dal data analyst di stalla al tecnico del biometano, fino all’agronomo digitale: in Italia stanno nascendo professioni che uniscono competenze tech e radici contadine. Per tanti under 35 l’agricoltura non è più solo «zappa e fatica», ma un laboratorio di futuro

I nuovi mestieri della terra: dai dati all’energia, così i giovani stanno cambiando l’agricoltura

In Italia l’agricoltura non è più solo trattore, stalla e calendario delle stagioni.
Nei campi e nelle aziende zootecniche entrano tablet, sensori, software di analisi dati, impianti di biogas e biometano. Insieme alle tecnologie, stanno nascendo nuovi mestieri della terra, spesso pensati e guidati da giovani.

Secondo il Rapporto 2024 «Giovani e agricoltura» di Ismea, le aziende agricole condotte da under 35 sono circa il 7,5% del totale, ma generano circa il 15% del valore economico del settore: sono realtà mediamente più strutturate e più orientate a innovazione, multifunzionalità e sostenibilità.

Non è un caso: la generazione cresciuta con internet in tasca porta in azienda la stessa familiarità con le tecnologie che usa ogni giorno. Ed è qui che nascono i «nuovi mestieri della terra».

Giovani e agricoltura: servono competenze nuove

I rapporti Ismea e le analisi sull’Agricoltura 4.0 mostrano due tendenze chiare:

  • l’età media del settore resta alta,

  • ma le imprese guidate da giovani sono più digitali, più formate e più aperte alle energie rinnovabili.

L’Osservatorio Smart Agrifood stima un mercato italiano dell’agricoltura 4.0 che vale oltre 2 miliardi di euro, trainato da soluzioni digitali basate su dati, sensori, software di gestione aziendale e sistemi di supporto alle decisioni.

Parallelamente, diversi studi e articoli specializzati segnalano la nascita di nuove figure come:

  • data analyst agricoli,

  • green manager e biodiversity champion,

  • specialisti in agricoltura di precisione,

  • agrifood data analyst, dronisti, agrinfluencer.

Dietro queste etichette, però, ci sono lavori molto concreti, che servono davvero alle aziende.

1. Il data analyst di stalla: quando il latte passa anche dai numeri

La stalla di oggi non è fatta solo di mangiatoie e secchi. È un ambiente dove si raccolgono in automatico dati su:

  • produzione giornaliera di latte di ogni singolo animale,

  • qualità del latte,

  • passi, rumine, temperatura,

  • consumo di mangimi, acqua ed energia.

Collari intelligenti, sensori e software registrano tutto in tempo reale.

Il data analyst di stalla è la figura che:

  • scarica e legge questi dati,

  • individua anomalie (un calo improvviso di produzione, un animale che si muove meno),

  • incrocia le informazioni su alimentazione, riproduzione, benessere,

  • aiuta allevatore, veterinario e agronomo a prendere decisioni più precise.

Non sostituisce l’occhio esperto dell’allevatore: lo potenzia.
Risultato? Meno sprechi, uso più mirato dei farmaci, interventi più tempestivi sui problemi sanitari e gestionali.

Spesso è:

  • un giovane che rientra in azienda di famiglia con una formazione in agraria + competenze digitali,

  • oppure un tecnico esterno che segue più stalle, magari in rete con cooperative e consulenti.

2. L’agronomo digitale: dal campo di grano alla mappa satellitare

L’agronomo digitale è l’evoluzione dell’agronomo «classico».
Lavora sempre su rotazioni, difesa delle colture, fertilizzazione, ma integra:

  • immagini satellitari e droni per vedere lo stato delle colture dall’alto,

  • mappe di vigore vegetativo, umidità del suolo, carenze nutrizionali,

  • stazioni meteo intelligenti che aggiornano i dati continuamente,

  • software di supporto alle decisioni per irrigazione e difesa fitosanitaria.

In pratica:

  • invece di fare un unico trattamento su tutto il campo, può intervenire solo dove serve;

  • invece di irrigare «a sentimento», può calcolare quanta acqua usare e quando;

  • può aiutare l’azienda a rispettare le norme ambientali e gli eco-schemi della PAC con dati oggettivi.

Per i giovani con lauree in agraria, scienze ambientali, ingegneria del territorio, è un lavoro che unisce:

  • tempo in campo (le scarpe sporche restano fondamentali),

  • analisi dati e strumenti digitali,

  • capacità di tradurre i numeri in scelte comprensibili e convenienti per l’imprenditore agricolo.

3. Il tecnico del biogas e del biometano: dall’allevamento alla centrale energetica

Un’altra grande frontiera occupazionale riguarda le energie rinnovabili in azienda agricola: biogas, biometano, agrivoltaico.

L’Italia è tra i Paesi europei più avanzati nel biogas agricolo e sta potenziando il biometano: i rapporti su bioeconomia e filiere agroenergetiche descrivono una rete crescente di impianti che trasformano reflui zootecnici e residui colturali in energia ed energia rinnovabile immessa in rete.

In questo scenario il tecnico del biogas/biometano:

  • gestisce il digestore (carico biomasse, controlli di processo),

  • segue la manutenzione dell’impianto,

  • monitora rese, consumi, emissioni,

  • si interfaccia con i fornitori di tecnologia e con gli enti di controllo.

È una figura a metà tra mondo agricolo ed energetico:

  • deve conoscere reflui zootecnici, insilati, rotazioni colturali,

  • ma anche impianti, automazione, sistemi di supervisione, parametri chimico–fisici.

Per i giovani con diplomi tecnici, lauree in ingegneria, scienze ambientali o percorsi meccanico/elettrici, è una porta d’ingresso concreta nel mondo delle rinnovabili legate alla terra, con profili professionali molto richiesti nelle aree rurali più specializzate.

Non solo nuovi mestieri: cambia il modo di essere imprenditori agricoli

Accanto a queste figure «di frontiera», diversi osservatori e realtà formative segnalano altri profili emergenti:

  • agrifood data analyst,

  • green manager e consulenti per la sostenibilità,

  • biodiversity champion,

  • specialisti IoT, blockchain e tracciabilità,

  • agrinfluencer e comunicatori digitali del mondo rurale.

In molti casi non sono lavori separati, ma competenze che si sommano nella stessa persona: il giovane titolare che è un po’ agricoltore, un po’ tecnico, un po’ comunicatore.

I dati Ismea mostrano che le imprese giovanili italiane hanno livelli di produttività e valore per ettaro superiori alla media, anche grazie a:

  • maggiore specializzazione in colture ad elevato valore aggiunto,

  • multifunzionalità (agriturismo, trasformazione, vendita diretta),

  • uso più diffuso di strumenti digitali e innovativi.

In sintesi: non lavorano solo di più, lavorano in modo diverso.

Cosa significa per i giovani (e per un territorio come Cremona)

Per un giovane che guarda al futuro, l’agricoltura oggi può essere molto più di un «ripiego»:
è un settore dove mettere insieme competenze tecniche, digitali, scientifiche e il legame con una terra che produce cibo, lavoro e paesaggio.

Nei territori come Cremona e la Pianura Padana, dove convivono:

  • zootecnia di alto livello,

  • grandi filiere lattiero–casearie,

  • impianti di biogas e biometano,

  • imprese che sperimentano agricoltura di precisione e agritech,

i nuovi mestieri della terra non cambiano l’identità di chi lavora nei campi e nelle stalle: la rafforzano.

L’agricoltore, l’allevatore, il tecnico di stalla restano al centro della scena.
Intorno a loro crescono competenze nuove – digitali, energetiche, ambientali, gestionali – che permettono alle aziende di essere più solide, più competitive e più capaci di prendersi cura del territorio.

In questo senso i nuovi mestieri della terra non sostituiscono chi c’è sempre stato, ma costruiscono un ponte tra generazioni:

  • da una parte l’esperienza di chi ha fatto grande l’agricoltura cremonese e italiana,

  • dall’altra l’energia e le idee dei giovani che portano in azienda dati, tecnologie, lingue straniere, comunicazione.

È da questo incontro che può nascere il vero futuro del settore:
un’agricoltura che continua a produrre cibo di qualità, ma che allo stesso tempo genera energia, innovazione e opportunità per i ragazzi e le ragazze che scelgono di restare – o di tornare – alla terra.

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