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Verso Bruxelles
10.12.2025 - 01:26
Chi lavora in azienda agricola lo sa bene: la giornata non finisce quando si spengono le macchine o si chiude la stalla. Spesso ricomincia davanti a un computer, con fascicoli, portali da compilare, scadenze da inseguire.
Negli ultimi anni la burocrazia è cresciuta quasi quanto i costi di produzione. Ogni scelta – dalla gestione dei terreni ai contributi, dai piani di concimazione alle pratiche per i bandi – ha dietro uno strato di moduli, dichiarazioni, allegati, codici.
Per questo, nel percorso che porta al 18 dicembre, tanti agricoltori mettono la semplificazione vera tra le priorità da portare a Bruxelles.
Quando si parla di burocrazia non si intende solo “un po’ di carta in più”.
Per un’azienda agricola vuol dire, molto concretamente:
ore passate tra domande PAC, fascicolo aziendale, piani colturali,
aggiornamenti continui su regole che cambiano spesso,
richieste di dati già forniti ad altri uffici,
controlli che non sempre parlano tra loro.
Ogni nuovo adempimento arriva con una buona motivazione: ambiente, tracciabilità, trasparenza. Ma il risultato, visto dal lato di chi lavora, è che il tempo in ufficio cresce e quello in campo si riduce.
In pratica: una parte del lavoro che dovrebbe essere dedicata alla gestione tecnica dell’azienda viene dirottata sulla gestione dei documenti.
Quante volte è stata annunciata una “semplificazione” che poi, sul campo, ha significato solo moduli diversi per dire le stesse cose?
Capita che:
una procedura venga accorpata, ma con nuove condizioni da rispettare;
un portale venga aggiornato, ma diventi meno intuitivo per chi non fa l’impiegato di mestiere;
a fronte di una regola in meno ne compaiano due nuove, magari su altri aspetti.
Per gli agricoltori questa è una falsa semplificazione: sulla carta si tolgono passaggi, nella realtà il carico di lavoro non diminuisce, si sposta soltanto.
Quello che viene chiesto all’Europa è diverso: meno strati di burocrazia e regole stabili per qualche anno, in modo da poter programmare.
Il problema non è solo la quantità di carta, ma il momento storico.
Le aziende agricole stanno affrontando, tutte insieme:
costi alti di energia, mangimi, fertilizzanti;
investimenti richiesti su benessere animale, efficienza, digitale;
impatti dei cambiamenti climatici da gestire ogni stagione.
In questo contesto, ogni ora sottratta al lavoro in azienda pesa di più.
Significa meno tempo per seguire gli animali, per stare sui campi, per curare i dettagli tecnici che fanno la differenza nei risultati economici e produttivi.
In pratica: quando si è costretti a scegliere tra burocrazia e gestione tecnica, perde sempre l’anello più importante, cioè il lavoro sul campo.
La richiesta che viene portata a Bruxelles non è “niente controlli, niente regole”.
È una richiesta più concreta e ragionevole:
regole chiare, scritte in modo comprensibile e stabili nel tempo;
portali e procedure veramente user-friendly, pensati per chi di mestiere fa l’agricoltore, non l’operatore di sportello;
meno duplicazioni: un dato inserito una volta non deve essere richiesto tre volte;
controlli coordinati, che non costringano a ripetere ogni anno gli stessi passaggi inutili.
In altre parole: meno tempo speso a rincorrere la carta, più tempo a lavorare nei campi e in stalla.
Nel confronto sulla nuova PAC e sul bilancio UE, la voce degli agricoltori vuole ricordare un punto semplice:
se vogliamo aziende capaci di innovare, investire e affrontare il futuro, non possiamo trattarle come se fossero solo numeri in un fascicolo.
La semplificazione non è un tema secondario o “da addetti ai lavori”: è parte della competitività delle imprese. Un’azienda sommersa di burocrazia farà più fatica a dedicare energie all’organizzazione del lavoro, alla formazione dei giovani, alla cura degli animali e delle coltivazioni.
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