Calendario
Cerca
Verso Bruxelles
16.12.2025 - 02:02
In questi giorni, mentre le aziende agricole continuano il loro lavoro quotidiano tra stalle, campi e pratiche, si avvicina un appuntamento che va oltre la cronaca: la manifestazione di Bruxelles del 18 dicembre.
Non è una gita e non è nemmeno una protesta generica. È un momento in cui il mondo agricolo prova a dire con chiarezza alle istituzioni europee: se vogliamo che l’agricoltura resti un pilastro dell’Europa, servono scelte concrete e coerenti.
La mobilitazione nasce da una preoccupazione di fondo: l’idea che l’agricoltura stia rischiando di scivolare in secondo piano nel bilancio e nelle priorità dell’Unione.
Il messaggio che arriva dalle organizzazioni agricole, Confagricoltura compresa, è molto netto:
l’Europa resta il punto di riferimento;
la PAC deve rimanere una politica davvero comune, non frammentata in 27 approcci diversi;
l’agricoltura va considerata per quello che è: un settore strategico, legato alla sicurezza alimentare e al presidio del territorio.
Non si contesta il progetto europeo, si chiede che l’Europa continui a investire sul proprio sistema agricolo invece di darlo per scontato.
Al centro del confronto ci sono alcuni nodi che le aziende agricole sentono in modo diretto:
il bilancio europeo destinato all’agricoltura, con l’ipotesi di nuovi tagli;
il rischio di una rinazionalizzazione delle politiche, che trasformerebbe la PAC in una somma di scelte nazionali, con conseguenze sui sostegni e sulla concorrenza interna;
la necessità di una semplificazione vera, che riduca il tempo speso su portali e documenti e restituisca ore di lavoro ai campi e alle stalle;
il tema del reddito, messo sotto pressione da costi in aumento e prezzi che non sempre coprono le spese;
la richiesta di reciprocità negli scambi internazionali, per evitare che prodotti provenienti da Paesi con meno regole entrino nel mercato europeo alle condizioni di chi è più svantaggiato.
Sono questioni tecniche, ma per chi lavora in azienda si traducono in scelte molto concrete: investire o fermarsi, assumere o rinviare, passare il testimone ai giovani o restare nell’incertezza.
Alla manifestazione di Bruxelles parteciperanno delegazioni di agricoltori provenienti da diversi Paesi. Alcuni imprenditori agricoli lasceranno per un giorno l’azienda, organizzando con attenzione il lavoro in stalla e sui campi per garantire che tutto sia sotto controllo.
Altri resteranno in azienda, perché gli animali non possono aspettare e la gestione quotidiana non si ferma. Questo non significa essere meno coinvolti:
il lavoro che continua in provincia è la ragione stessa per cui esiste la mobilitazione;
chi resta segue, si informa, discute con colleghi e famiglie;
la consapevolezza è che le decisioni che verranno prese non faranno distinzione tra chi era fisicamente in piazza e chi no.
Manifestare e restare in azienda sono, in questo senso, due modi diversi di partecipare allo stesso percorso.
Nessuno immagina che una sola giornata possa cambiare tutto. Ma il mondo agricolo si aspetta alcuni segnali chiari:
un riconoscimento esplicito del ruolo strategico dell’agricoltura nelle politiche europee;
l’apertura di un confronto più serio sul livello delle risorse PAC e sulla loro distribuzione;
un impegno concreto sulla semplificazione, con meno burocrazia e regole più stabili;
scelte più attente sulla reciprocità negli accordi internazionali, per garantire condizioni di concorrenza leale;
maggiore attenzione al reddito delle aziende e al ricambio generazionale, oggi reso difficile dall’incertezza economica.
L’obiettivo non è ottenere un elenco di promesse, ma iniziare un percorso in cui le istituzioni europee riconoscano la fase delicata che il settore sta vivendo.
Il dibattito su PAC, bilancio europeo e accordi commerciali sembra spesso una materia per addetti ai lavori. In realtà le conseguenze toccano tutti:
la sicurezza alimentare, cioè la possibilità di avere cibo sicuro e di qualità prodotto in Europa;
la stabilità dei prezzi lungo la filiera agroalimentare;
il presidio del territorio rurale, che senza agricoltura rischia abbandono e degrado;
l’occupazione e l’indotto collegato alla produzione agricola, dalla trasformazione ai servizi.
Un’agricoltura più debole significa un’Europa più dipendente dall’esterno, anche sul piano alimentare.
Una agricoltura forte e sostenibile, invece, è un vantaggio per tutta la società, non solo per chi lavora nei campi.
In questo contesto, Libera Associazione Agricoltori Cremonesi ha scelto di accompagnare le giornate che precedono Bruxelles con spiegazioni, approfondimenti e testimonianze.
L’obiettivo è duplice:
aiutare le aziende del territorio a orientarsi in un quadro complesso, fornendo chiavi di lettura comprensibili;
tenere viva l’idea che il confronto europeo non è qualcosa di distante, ma un processo che tocca direttamente la vita delle imprese della provincia.
Qualunque sarà l’esito del percorso politico, resta un punto fermo: dare voce a chi nei campi e nelle stalle lavora ogni giorno perché l’agricoltura resti un pilastro del presente e del futuro dell’Europa.
I più letti