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Verso Bruxelles
17.12.2025 - 06:43
Alla vigilia di Bruxelles, il messaggio degli agricoltori europei può essere riassunto in cinque punti semplici e molto concreti.
Non si tratta di slogan, ma di condizioni minime per continuare a fare impresa in un settore che ogni giorno deve confrontarsi con costi crescenti, regole complesse, mercati instabili e una crescente competizione internazionale.
L’obiettivo della mobilitazione del 18 dicembre non è mettere in discussione l’Europa, ma chiedere un’Europa che non dimentichi l’agricoltura come pilastro della sicurezza alimentare, dell’economia e del presidio del territorio.
La prima richiesta riguarda il bilancio.
Gli agricoltori chiedono che la Politica Agricola Comune resti dotata di risorse adeguate per:
stabilizzare il reddito in un contesto di grande volatilità;
sostenere gli investimenti in innovazione, benessere animale, sostenibilità;
accompagnare il ricambio generazionale;
gestire crisi legate a clima, mercati e costi di produzione.
Una PAC indebolita significa aziende più esposte, meno capacità di programmare e maggiore dipendenza dell’Europa dalle importazioni alimentari.
Seconda richiesta: regole comuni e non 27 politiche nazionali scollegate.
La rinazionalizzazione della PAC preoccupa molto il mondo agricolo perché rischia di:
creare differenze rilevanti fra Paesi nei sostegni e nelle condizioni di accesso;
generare distorsioni di concorrenza dentro lo stesso mercato unico;
indebolire il progetto originario di una politica agricola europea condivisa.
Gli agricoltori chiedono che l’Europa confermi la PAC come politica comune e non come somma di scelte nazionali: stesso campo di gioco, stesse regole di base.
Terza richiesta: reciprocità.
L’apertura dei mercati e gli accordi con Paesi extra UE non devono tradursi in un vantaggio per chi produce con:
standard ambientali più bassi;
minori vincoli su fitofarmaci e pratiche produttive;
regole meno stringenti su benessere animale, sicurezza alimentare e diritti dei lavoratori.
La condizione chiesta è semplice:
se un prodotto agricolo entra nel mercato europeo, deve rispettare gli stessi standard richiesti agli agricoltori europei.
Senza questo principio, la competizione diventa squilibrata e il sistema produttivo interno rischia di essere progressivamente indebolito.
Quarta richiesta: reddito.
Negli ultimi anni le aziende agricole hanno visto crescere in modo significativo:
i costi di energia, mangimi, fertilizzanti e macchine;
il costo del lavoro e degli oneri collegati;
il peso degli investimenti richiesti per adeguarsi a nuove norme e standard.
I prezzi riconosciuti alle produzioni non sempre sono riusciti a seguire lo stesso andamento. Il risultato è un reddito più fragile, che rende difficile:
programmare investimenti di medio-lungo periodo;
reggere le fasi di crisi;
convincere i giovani a subentrare in azienda.
Gli agricoltori chiedono strumenti che aiutino a garantire prezzi remunerativi e a stabilizzare il reddito, perché senza reddito non c’è futuro per nessuna impresa.
Quinta richiesta: semplificazione reale, non solo annunciata.
Oggi chi lavora in azienda si trova spesso a dedicare molte ore a:
portali complessi da compilare;
pratiche che si sommano;
regole che cambiano di frequente;
richieste ripetute di dati già forniti ad altri uffici.
La richiesta è di:
norme chiare e stabili per alcuni anni;
meno duplicazioni e passaggi inutili;
strumenti digitali che semplifichino davvero il lavoro;
controlli coordinati tra amministrazioni.
In sintesi: più tempo per stalle e campi, meno tempo perso nella burocrazia.
PAC forte, politica davvero comune, concorrenza leale, reddito sostenibile e vera semplificazione:
sono questi i cinque punti con cui gli agricoltori europei si presentano a Bruxelles.
Non sono richieste di categoria chiusa in sé stessa, ma condizioni per garantire all’Europa:
cibo sicuro e di qualità prodotto in casa;
territori rurali vivi e presidiati;
filiere agroalimentari stabili e competitive;
spazio reale per i giovani che vogliono investire in agricoltura.
Alla vigilia della manifestazione, il senso è tutto qui: far capire che il futuro dell’agricoltura riguarda l’intera società, non solo chi lavora nei campi.
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